Italia in crisi: Toponomastica non è una parola sessualmente e politicamente attraente
Lascia un commentosettembre 4, 2014 di Prospektiva: laboratorio letterario tra festival e premi, tra inviti alla lettura e sentieri narrativi.
La toponomastica di un paese la dice lunga sul proprio futuro. Anzi, attraverso quelle tabelle che se ne stanno sugli incroci delle strade – oltre ad aiutarci a trovare studi medici o librerie -, siamo in grado di testare il grado di “velocità” della città o del paese che li inalbera.
E’ dunque fuori discussione che l’Italia sia un paese fermo ad una idea post-risorgimentale che aggiunge poco al nostro domani. Insomma piazza Umberto o via Roma o viale Trieste appartengono a qualche generazione fa che in quei toponimi aveva riversato sogni e speranze. E su quelle figure avevano costruito un paese sia in termini edili, che culturali, e purtroppo anche militari.
Oggi cosa rimane su quelle tabelle lungo le nostre strade se non ignoranza di non sapere e conoscere il vero valore di una “via Oberdan” o “piazza Cesare Battisti”. Per non parlare di via “Amba Aradam” o “piazza Asmara”.
Nulla, il vuoto.
A questo si aggiunge lo scempio delle scelte. Provare dunque il disagio nel percorrere via Dante Alighieri e vederla scassata, brutta, ignobile per portare un nome così importante (ma poi quei cittadini che abitano in viale della Resistenza non si vergognano a vivere in un posto così brutto con un nome così bello?).
L’oblio, il nero più oscuro sul passato e l’inutilità di gesti compiuti da uomini come quello che se ne sta in via Salvo D’Acquisto. Chi era costui?
La fotografia di un paese non la si fa solo con i numeri delle organizzazioni mondiali della finanza, ma anche camminando sulle strade e stradine, attraversando piazza e piazzette, per scoprire che la toponomastica non è una parola sessualmente e politicamente attraente.
Ripartire dunque dalla conoscenza e chi abita, per esempio in via Duccio Galimberti o martiri di Scalvaia, mettersi a raccontare a tutti o lasciare al bar, la storia che si cela dietro quei nomi. Insomma far ripartire un paese significa anche riprendersi in mano il proprio passato raccontandolo in giro.
andrea giannasi